Piccola introduzione
Nessuna violenza trova giustificazione. La nostra cultura ci ha a abituato a riconoscere e condannare alcuni tipi di violenza, mentre tendiamo a perdonare altri tipi di sopraffazione, che pur mettono la donna in un grave e, a volte, continuato stato di malessere la donna che li subisce. Per imparare a difendersi è importante capire DA COSA ci stiamo difendendo.
Violenza psicologica
La violenza psicologica è una forma subdola, invisibile di maltrattamento. Si manifesta con offese, umiliazioni, controllo, minacce, continue critiche con lo scopo di denigrare l’altra persona e il suo modo di essere.
Ha lo scopo di rendere la donna insicura così da poterla controllare e sottometterla provocando alle volte un vero processo distruttivo.
Comportamento persecutorio (stalking)
Comportamento persecutorio messo spesso in atto quando la donna cerca di allontanarsi da una relazione violenta. Lo stalker perseguita l’ex-partner seguendola negli spostamenti, aspettandola sotto casa, al lavoro, telefonandole continuamente a casa, in ufficio, sul telefonino. Gli effetti possono essere devastanti: viene minato il senso dell’autonomia e dell’indipendenza della donna facendola sentire “in trappola”; molte donne riportano anche disturbi del sonno, difficoltà a concentrarsi fino ad arrivare, nei casi più estremi, a depressioni.
È un reato previsto dall’art. 612-bis del codice penale “Atti Persecutori“ in base all’art. 7 della legge n. 38/2009.
Violenza economica
La violenza economica è caratterizzata dal legame o dalla dipendenza economica dalla persona che la esercita; per esempio vietando alla donna di svolgere un lavoro o un percorso formativo, sfruttando la donna come forza lavoro, ricoprendola di debiti, limitando o privando la donna del denaro per le spese domestiche, se non lavora, non rendendola partecipe al reddito familiare, o non corrispondendo gli alimenti dopo la separazione.
PER APPROFONDIRE: https://www.donnachiamadonna.org/2020/12/28/violenza-economica/
Violenza fisica
La violenza fisica si esprime in un’aggressione diretta contro una persona, ad esempio mediante spintoni, tirate di capelli, schiaffi, pugni, ferite con un coltello, fino all’uccisione in casi estremi.
Violenza sessuale
La violenza sessuale definisce ogni atto sessuale attivo o passivo, imposto alla vittima mediante violenza fisica, minacce o abuso di autorità.
Violenza assistita
E’ quella violenza fisica, psicologica, sessuale, economica compiuta sulle figure di riferimento di un/una minore e/o su altre figure significative – adulte o minori. Di questa violenza il/la minore può fare esperienza direttamente (quando viene vista e sentita) o indirettamente (quando è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti. Vivere in continua situazione di stress, tensione ed ansia, assistere regolarmente alla violenza esercitata da uno dei due genitori contro l’altro, produce conseguenze negative di varia natura. Per un bambino essere testimone della violenza subita dalla madre è un’esperienza devastante. I minori che assistono alla violenza sono bambini traumatizzati, che spesso manifestano il proprio disagio con reazioni e comportamenti difficili da comprendere per chi vive loro accanto (parenti, amici, insegnanti, ecc.). Questi bambini corrono il rischio di diventare adulti in difficoltà a trovare un proprio equilibrio ed a costruire relazioni sane.
CONSIGLI UTILI
Necessità di lasciare il domicilio familiare
Nel caso la situazione di convivenza con il partner violento diventi intollerabile o pericolosa per sé e/o per i figli, è possibile ottenere, dall’ autorità giudiziaria civile, un ordine di allontanamento del partner dall’ abitazione familiare. Tale ordine può estendersi anche con riferimento ai luoghi abitualmente frequentati dalla donna e dai figli (ad esempio, il luogo di lavoro e gli istituti scolastici frequentati dai figli) e viene disposto dal giudice civile allorquando la condotta del maltrattante viene giudicata pregiudizievole all’ integrità fisica e morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente. Con il medesimo ordine il Giudice può disporre che l’allontanato provveda, a mezzo assegno mensile, al mantenimento del nucleo familiare separato. La durata dell’ordine non può essere superiore ad un anno, eventualmente prorogabile.
Potrebbe anche accadere che sia la donna, insieme agli eventuali figli, a volersi allontanare dal domicilio familiare. Se i figli sono minori è necessario ricordarsi di avvertire le Forze dell’Ordine o, in caso di convivenza, il Tribunale dei minori. E’ importante, quando possibile e nonostante la situazione di difficoltà, pianificare con un certo anticipo l’allontanamento in modo da non dimenticare documenti od oggetti importanti (carta d’identità, passaporto, patente, libretto di lavoro, titoli di studio, documentazione sanitaria, dichiarazione dei redditi, eventuali denunce di maltrattamento e certificazione medica di supporto, libretto degli assegni e tessera bancomat, ecc.). Nel caso si abbia un conto corrente o dei titoli cointestati col coniuge o convivente è opportuno aprire un conto a proprio nome in una banca diversa e trasferirvi l’ammontare spettante (50% della somma totale in caso di comunione dei beni). Se la donna in difficoltà è già in contatto con un legale di fiducia, quest’ultimo, uno volta che la donna e gli eventuali figli si troveranno in una situazione di sicurezza, potrà trasmettere una comunicazione, a mezzo raccomandata a/r, al marito/convivente ove vengono specificate le ragioni dell’allontanamento.
La separazione personale dei coniugi
Il primo diritto per salvaguardare la propria sicurezza ed integrità è quello di separarsi dal coniuge. La separazione personale può essere chiesta da ciascuno dei coniugi quando la convivenza è divenuta intollerabile oppure dannosa all’educazione dei figli, a prescindere dall’accordo o meno dell’altro coniuge. Deve essere proposta mediante domanda da presentarsi al Tribunale del luogo di residenza dell’altro coniuge, che, a seguito dello svolgimento della causa, deciderà le condizioni della separazione: l’affidamento dei figli minori, l’assegnazione della casa familiare, l’eventuale pagamento dell’assegno di mantenimento da parte di un coniuge in favore dell’altro o dei figli. Tale separazione è detta giudiziale. Il procedimento che la genera può durare anche alcuni anni, ma nella prima udienza il Presidente del Tribunale emana un provvedimento provvisorio in cui vengono regolati tutti gli aspetti sopra indicati. La separazione personale può essere ottenuta anche mediante il raggiungimento di un accordo tra i coniugi in materia di affidamento dei figli, della casa, del mantenimento e su qualunque aspetto dei loro rapporti. In tal caso, dopo aver raggiunto l’accordo, i coniugi presentano un ricorso al Presidente del Tribunale, che, dopo aver disposto un’udienza in cui gli interessati sono chiamati a confermare la loro volontà, convaliderà il verbale di separazione.
Tale separazione è detta consensuale, il procedimento dura pochi mesi e per ottenerla non è necessaria l’assistenza di un avvocato che è, tuttavia, consigliabile quando il coniuge più debole ha dei dubbi in merito. In qualunque altra causa è necessaria l’assistenza di un legale. Se non si possono affrontare le spese di un avvocato, in particolari condizioni ci si può avvalere del Gratuito Patrocinio.
È possibile ottenere la separazione anche tramite procedura “semplificata” innanzi al Comune di residenza. Tale opzione è percorribile solo in caso di coniugi senza figli minori o con figli maggiorenni ed economicamente autosufficienti.
La separazione affievolisce il vincolo matrimoniale, ma non lo scioglie. Lo scioglimento definitivo si ha solamente con l’ottenimento del divorzio. Come per la separazione, anche la pronuncia di divorzio può essere ottenuta all’ esito di un procedimento giudiziale ovvero a seguito del deposito di un ricorso congiunto.
Il Tribunale, in entrambi i casi, emetterà una sentenza.
Le tempistiche per formulare la domanda di divorzio, grazie al cd. “divorzio breve”, sono di un anno nel caso in cui la precedente separazione sia stata giudiziale e di sei mesi in caso di separazione consensuale (il termine si conteggia dalla prima udienza che si tiene innanzi al Presidente del Tribunale).
Il divorzio, al pari della separazione, può essere ottenuto anche tramite la procedura innanzi all’ Ufficiale di Stato Civile presso il Comune di residenza.
Anche nel caso di “separazione” di genitori non sposati è necessario regolamentare l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati dalla convivenza. In tal caso è possibile proporre un ricorso innanzi al Tribunale di residenza abituale del minore, il ricorso può essere proposto sia da uno solo dei genitori nei confronti dell’altro (in tal caso sarà il Tribunale a prendere le decisioni che riterrà maggiormente opportune, avuto riguardo alle necessità del minore ed ai redditi dei genitori) ovvero proposto da entrambi i genitori in accordo tra loro.
Patrocinio a spese dello Stato
Il patrocinio a spese dello Stato, disciplinato dal DPR 115/2002, garantisce ai soggetti economicamente deboli la difesa gratuita.
Colui che è privo di un reddito minimo o percepisce un reddito pari o inferiore a 11.493,82 (il limite di reddito si modifica di anno in anno) ha, quindi, diritto ad essere difeso gratuitamente, cioè a farsi assistere e rappresentare in giudizio da un avvocato senza dover pagare le spese di difesa e le altre spese processuali che, di conseguenza, saranno pagate dallo stato o esentate con la prenotazione a debito. Esso può essere concesso a chi possiede un reddito superiore, purchè vengano documentate le eventuali spese di affitto, asilo-nido, cure mediche, ecc. che dimostrino la necessità vitale di un reddito superiore. La domanda può essere presentata sia con riferimento ai procedimenti civili che a quelli penali.
Come si fa a capire se si ha diritto al patrocinio a spese dello Stato?
Si deve avere riguardo ai redditi di tutto il nucleo familiare che, sommati tra di loro, non devono superare il limite di legge. I redditi dei soggetti in conflitto (ex il marito e la moglie nella separazione giudiziale) non si cumulano.
Le vittime di reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, violenza sessuale, e di tutte le altre fattispecie indicate nell’art. 76 comma 4 ter del DPR n. 115/2002, hanno diritto al beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche se il loro reddito è superiore, ma solo nei procedimenti penali e non nei connessi procedimenti civili.
La tutela penale
Chi maltratta ripetutamente una persona della famiglia, sia con aggressioni fisiche che psicologiche, incorre nel reato di maltrattamenti, che è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con pene più severe in caso di lesioni personali gravi. Nel caso si tratti di atti di violenza isolati, o comunque non continuativi, si configura il reato di percosse che è punito a querela della vittima con la reclusione fino a 6 mesi o con una multa. Se dal comportamento violento deriva una malattia del corpo o della mente (ferite, segni visibili anche non permanenti, traumi anche psicologici) il reato previsto è quello di lesioni personali. Per poter dimostrare i reati descritti é indispensabile recarsi al Pronto Soccorso dell’Ospedale o da un medico per ottenere il certificato relativo; questo è tanto più necessario se si prende in considerazione per il futuro l’eventualità di una separazione giudiziale, con addebito della responsabilità al marito. Il medico è tenuto a riferire l’accaduto alle autorità solo nel caso di reati perseguibili d’ufficio e cioè in presenza di lesioni guaribili in più di 20 giorni. Nel caso di lesioni guaribili in meno di 20 giorni il reato è perseguibile solo se la persona offesa presenta una denuncia-querela ai carabinieri o alla polizia o al giudice competente, entro tre mesi dal fatto.