COMUNICATO 6 luglio 2023: Adela, suicidio per paura, l’ex la minacciava e tormentava anche dai domiciliari.
La notizia di questi giorni, inerente la ragazza di 33 anni che, nella propria casa in provincia di Caltanissetta, ha scelto di suicidarsi piuttosto che correre il rischio di nuove violenze ed affrontare nuove denunce e, con esse, nuovi dolorosi iter giudiziari, ci colpisce come associazione da sempre attenta al tema della violenza contro le donne.
Non possiamo non rivolgere lo sguardo e le nostre attenzioni a questa ragazza, alla sua famiglia, alle sue amicizie e dire a tutti loro che siamo vicine, come associazione e come volontarie. Soprattutto, non possiamo non interrogarci e rivolgere una domanda alle Istituzioni: quale è la differenza tra l’omicidio di una donna per mano di un uomo violento e questo caso, nel quale una donna ha preferito scegliere la morte per suicidio piuttosto che vivere tutti i suoi giorni con la paura di nuove violenze, fisiche, verbali e, ci sia consentito, istituzionali? Onestamente, una vita intrisa di paura non si augura a nessuno, ma per chi è vittima di violenza purtroppo, e troppo spesso, è la vita che le attende, per troppo tempo: prima, durante la fase di indagine; durante, fino alla condanna del colpevole, spesso ai domiciliari (come nel caso di specie); dopo, quando il colpevole torna libero di ricominciare ls sua vita, salvo i rari casi nei quali la giustizia riesce ad ottenere il recupero del colpevole e la sua redenzione.
Alle istituzioni rivolgiamo un appello affinché, nel mentre si ragiona di aggravamento di pena e di sistemi di monitoraggio, vengano messi a disposizione fondi effettivi e concreto per strutturare sistemi di monitoraggio e di supporto, alle vittime in primis ma anche a chi si macchia di comportamenti intollerabili e non più accettabili ed al contempo per investire sulla crescita culturale del nostro Paese.
Occorre che ci assumiamo tutti la responsabilità di episodi come questo, che gettano una luce di inefficienza su un sistema, normativo, culturale e giudiziario che non ha protetto questa ragazza spingendola ad un gesto estremo, che mai sarebbe dovuto accadere.
Associazione Donna chiama Donna