La condizione psicologica della madre nel rapporto col figlio adolescente.
Al centro della questione c’è il conflitto genitori-adolescente, cruciale nella crisi che vede impegnato questo ultimo ad affrontare un cambiamento profondo nella propria vita, che necessita a sua volta di una riorganizzazione delle relazioni in famiglia, in conformità con i bisogni dettati dalla nuova condizione.
Il conflitto deriva dalla necessità di rivendicare spazi sempre maggiori di autonomia, liberi dal controllo, dalla dipendenza familiare come pure dall’urgenza di accreditarsi, nell’ identità che si va costruendo, un proprio modo soggettivo di presentarsi al mondo
L’ adolescente rimodella le immagini dei genitori che lo hanno accompagnato fino a quel momento sulla scorta dei cambiamenti che riguardano ambiti della sua mente, del corpo, delle sue relazioni umane; si comprende pertanto come si generi un circuito di tensioni anche molto forti negli scambi familiari. L’ opposizione con cui si rivolge ai genitori non è tanto la cifra della sua carica di aggressività, quanto il risultato della spinta evolutiva che gli è necessaria per rompere il legame preesistente che ha con loro ed avviarsi verso la conquista di quel ruolo sociale di persona adulta a cui tende. Fondamentale in questo processo di maturazione dell’adolescente, è imparare ad esercitare l’autonomia, sviluppare competenze, sperimentare nuove conoscenze, ricercare la propria identità rendendola chiara, coerente a sé ed agli altri.
L’adolescente si prefigge di dimostrare a sé stesso in prima istanza ed ai suoi genitori che il legame che ha con loro è diverso dall’appartenenza del passato e che deve dar vita ad un nuovo corso della sua narrazione familiare, a partire dalla messa in discussione quel modello educativo familiare che ha regolato la sua vita fino ad allora.
Assumendo il punto di vista della madre, ma senza trascurare l’importanza del padre, si comprende come ella si trovi ad affrontare dei compiti nuovi, che sono esattamente speculari a quelli del bambino che aspira a diventare un giovane adulto e che impongono un forte ripensamento di tutta l’esperienza educativa sui cui aveva improntato il suo rapporto negli anni precedenti. Tali compiti sostituiscono quelli specifici di accudimento che hanno caratterizzato la sua storia con il figlio. E’ posta pertanto dinanzi ad un necessario adattamento, ad una revisione del suo mandato educativo , all’interno del quale si sviluppano risonanze emotive ed affettive non di poco conto. Queste, in larga misura derivano dalla necessità di traghettare la relazione privilegiata che aveva col bambino verso una forma di relazione più matura, sebbene caratterizzata dal rapporto di filiazione e che la vede più marginale ma non meno significante. In questo passaggio critico, occorre rilevare il possibile disorientamento e destabilizzazione che può cogliere la madre, maggiormente se impreparata a far fronte alle contraddizioni ed alle oscillazioni che si manifestano nell’adolescente, che alterna bisogno di esplorazione, di autonomia da una parte e bisogno di sicurezza meglio rappresentato dal legame familiare.
E’ comune pertanto alle madri una reazione più o meno importante di impotenza, frustrazione, ansia per la pressione esercitata dalle nuove richieste, con messa alla prova della loro capacità di resistere agli attacchi che il giovane rivolge loro sull’onda sia dei bisogni di appartenenza che di differenziazione. Possono insorgere vissuti di preoccupazione per il futuro del figlio, come pure per la loro stessa tenuta psicologica, contestualmente al dipanarsi di criticità legate all’ inasprimento della conflittualità, alla ribellione e conseguentemente ai vissuti di perdita, ingratitudine con cui devono fare i conti.
Come può una madre affrontare simili cambiamenti, gestire al meglio le risonanze affettivo-emotive che si muovono in lei?
Non sussistono delle linee guida universali per rispondere a questa questione, tuttavia valgono alcuni principi di fondo che possono essere di aiuto.
Se la madre riesce a mettersi in ascolto, a prestare attenzione alla sfida emancipativa del figlio, a riflettere sui problemi che riguardano i diversi ambiti implicati nelle trasformazioni a cui egli è sottoposto, sarà pure in grado di accompagnarlo in questa crisi che attraversa, consolidandone i risultati.
Non sempre però si ha consapevolezza che il figlio si trova a misurarsi con l’impegno a costruirsi la sua personalità e che il modo di porsi del genitore stesso può facilitargli o meno la strada per raggiungere la maturità con cui si troverà ad affrontare il percorso di vita che lo attende, principalmente nelle componenti affettive, ideative, sociali.
Sarà compito della madre contribuire a far sì che il processo di separazione-individuazione del ragazzo si compia, sostenendolo nel bisogno di emancipazione, ma allo stesso tempo assicurando con la presenza sua e dell’altro genitore, che non vengano meno le linee di principio della famiglia, tali da arginare le spinte spesso confuse e gli attacchi alle regole messe in atto dal giovane stesso. Il genitore, se saprà comprendere ed empatizzare con le difficoltà del figlio nei momenti di maggiore turbolenza, riuscendo se necessario a fissare dei paletti quando si paventano dei pericoli che rischiano di trascinarlo in basso, potrà rispondere alle alternanze del tutto normali, tra la necessità di crescere facendo nuove esperienze e il desiderio di fare ritorno al “nido sicuro” della famiglia.
Criticità con cui le madri solitamente si confrontano:
L’elaborazione del lutto è la condizione che contraddistingue questa fase di passaggio ed è speculare a quello del figlio. La madre vive dentro di sé più perdite relative alla centralità del suo ruolo nella cura, nell’educazione ed in quello di figura onnipotente per il figlio stesso. Procura non poca sofferenza la svalorizzazione in quanto madre, la disconferma del codice di valori trasmesso, la mancata soddisfazione in quanto riferimento valoriale e la sua sostituzione in questa ricerca del figlio con figure del mondo extrafamiliare. Provoca frustrazione anche la perdita di quell’immagine di affidabilità che regolava il rapporto di dipendenza del bambino, sostituita da un’immagine di maggiore fragilità e debolezza.
Un ulteriore importante elemento è rappresentato dalla rinuncia alle aspirazioni proiettate sui figli, riguardanti le scelte in ambito scolastico e/o professionale. Questo comporta una forte delusione nell’ideale della madre stessa, un lutto per l’appunto a volte non facile da elaborare.
La madre si trova a dover dirigere su di sé una quota consistente dell’energia, dello slancio che in anni precedenti aveva impiegato nello svolgere il compito di tutrice del figlio, fondamentale per la relazione d’affetto e sostegno basilare alla crescita. Viene allora naturale cercare obiettivi nuovi per tutte quelle funzioni lasciate scoperte dalla perdita della dipendenza del bambino. La donna spesso, quando è possibile, cerca di risignificare la sua relazione di coppia ,non più considerata prioritariamente come coppia genitoriale. Se la relazione è attraversata da problemi che si sono stratificati nel tempo è facile pensare come si possano incontrare difficoltà nel rimodulare anche questo rapporto, adattandolo ai bisogni emergenti del nuovo assetto familiare.
Quando la donna riceve una frustrazione in questa sua ricerca scoprirà che la sua condizione psicologica può diventare più vulnerabile se non viene compensata da istanze emancipative e da un buon livello di autonomia personale.
Un’esperienza comune alle donne è data dal risveglio, nel periodo di rispecchiamento con il figlio adolescente, della propria adolescenza con tutto il carico di affetti, conflitti, problemi più o meno risolti che affiorano e che possono influenzare il corso del nuovo rapporto che si instaura col figlio. Ciò è dovuto all’identificarsi con lui e il cercare di difendersi quando vengono richiamate delle esperienze attraversate da conflitti. Questo succede frequentemente a madri che hanno difficoltà nel gestire gli aspetti pulsionali, solitamente esuberanti nell’adolescente.
Vi possono essere varie forme di resistenza al cambiamento, dovute a difficoltà nel comprendere il significato della crisi o nel rimodulare il mandato educativo. Fra queste c’è la tendenza a frenare lo slancio del figlio in tutto ciò che riguarda il suo rapporto con l’ambiente sociale esterno alla famiglia. Il tentativo è quello di perpetuare il controllo ed assicurare al figlio quella protezione che gradualmente richiede invece d’essere rimossa. Quando ciò avviene, prevale nel vissuto del genitore una ferita al suo narcisismo genitoriale che trova corrispondenza nella narrazione di ambiti importanti della sua storia personale e familiare.
Le madri vanno facilmente in ansia nel trattare con aspetti della socializzazione del figlio cioè l’insieme delle esperienze fortemente ricercate di contatto sia interpersonale che attraverso i social, diffusamente privilegiati nei ragazzi, a scapito peraltro delle stesse opportunità di contatto vero e proprio. Preoccupano le novità culturali, il facile accesso a quei molteplici riferimenti esterni, spesso sconosciuti, ai messaggi che circolano nei social media, che possono influenzare le scelte valoriali dei giovani. Si teme che la facilità di accesso al mondo virtuale possa influenzare negativamente il giovane e spingerlo in senso contrario al sistema di valori familiare. Corre l’obbligo al genitore di fare da filtro tra figlio e l’uso di tecnologia di cui dispone.
Le frequentazioni dei giovani possono essere temute per il rischio di inclusione in condotte rischiose o verso le dipendenze da sostanze e alcool.
Per far fronte a tutte le incertezze legate ai problemi di svincolo e alla necessità di trovare un sempre maggior equilibrio tra affetto e norme da far rispettare nella strategia educativa da seguire con l’adolescente non devono mancare delle occasioni di dialogo, di condivisione di intenti con l’altro genitore, destinatario quanto la madre delle medesime sfide evolutive e complementare, accanto a lei nel formare la coppia genitoriale.
Dott.ssa Paola Rosa Peruffo, psicologa, volontaria di Donna Chiama Donna
Ringrazio sentitamente la psicologa per avere molto bene interpretato le emozioni che la madre prova in questo periodo del figlio che diventa adulto
Io sto passando un momento molto intenso da questo punto di vista col mio primogenito che compie 18 anni a breve
Sapere che ciò che provo ha una chiave di lettura ” scientifica” per così dire mi ha un po’ tranquillizzato