Proposte di lettura DcD

In occasione della Giornata della Memoria, che sarà fra pochi giorni, vogliamo anche noi mantenere vivo il ricordo e lo facciamo proponendovi il libro “Come una rana d’inverno”, conversazioni con tre sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer e Giuliana Tedeschi” di Daniela Padoan, Bompiani, 2013.


Attraverso la testimonianza di tre donne che hanno vissuto l’esperienza del campo di concentramento in momenti diversi delle loro vite, emerge una riflessione tutta al femminile sulla vita nel Lager che va a toccare elementi molto specifici. Infatti ciò che le voci di queste tre donne descrivono con terribile
chiarezza è l’annullamento totale della femminilità, che avviene attraverso azioni ben precise quali, per esempio, la rasatura dei capelli, l’umiliante nudità forzata, la maternità negata. Per non parlare degli esperimenti affinché le donne ebree non potessero più generare la “razza indegna”.


Un aspetto peculiare è rappresentato dalle relazioni fra donne all’interno del campo: con le donne SS, la cui posizione era di assoluta supremazia e, al di sotto di loro, con le kapo, prigioniere a loro volta ma di rango “superiore”; il rapporto con tutte queste donne era all’insegna della violenza più efferata, perpetrata
con crudeltà, insensatamente e gratuitamente, tanto più sconvolgente perché inflitta per mano di altre donne. Poi c’era il legame con le compagne prigioniere dalle quali, nell’impellenza delle esigenze per la mera sopravvivenza, non sempre ci si poteva aspettare sostegno e solidarietà. Però l’aiuto reciproco era centrale e qualche volta, per mantenersi in vita, avvenivano scambi di racconti, di poesie, persino di ricette e “inviti a pranzo”.


Dopo la liberazione, il ritorno a casa e a una vita normale è stato molto difficile, per le donne in modo particolare: quanto accaduto era eccessivo, inconciliabile con l’idea di compostezza legata al canone femminile dell’epoca, erano viste come donne “sporche” e violate e se durante la prigionia erano diventate kapo, venivano considerate come delle traditrici; erano sole, incomprese e isolate,
nell’impossibilità di raccontare, per l’indicibilità ai loro stessi occhi dell’enormità di quanto avevano vissuto e a causa dell’indifferenza e del fastidio di chi non voleva ascoltare o si rifiutava di credere.
Tant’è che per molti anni ha prevalso il silenzio.
Un importante documento di letteratura testimoniale. La testimonianza non è mai una volta per tutte, va rinnovata e accolta continuamente e chi testimonia
sostanzialmente è lì per dirci: “Al posto mio potresti esserci tu”.

Non dimentichiamolo. Non dimentichiamo.

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